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RADICE DI MANDRAGORA IN POLVERE

La grande attenzione rivolta alla Mandragora nel corso della storia e in diverse parti del mondo, ha stimolato la ricerca dell’etimologia del suo nome, in relazione alle diverse culture presso le quali trovava utilizzo. Secondo alcuni, il nome della pianta deriverebbe dalla deformazione dell’espressione mano di drago, riferendosi in questo caso sia all’aspetto della radice che talvolta può effettivamente ricordare la zampa e gli artigli di un drago, sia alla superficie delle foglie, caratterizzate da rilievi carnosi simili alla pelle di un rettile. A partire dalla sua prima apparizione nel X libro dell’Odissea di Omero (viene donata dal dio Hermes a Ulisse come talismano di protezione contro gli incantesimi di Circe), l’erba moly è stata celebrata a più riprese dagli autori greci e latini, e ha influenzato la fantasia di non pochi autori medievali. Secondo alcuni studiosi deriverebbe dal sanscrito mandros, “sonno”, e agora, “sostanza”, oppure mandara, “paradiso”. Altri commentatori propendono per un’origine sumerica, da nam-tar, “pianta del dio del castigo”, o tedesca medievale, da mann-dragen, “figura di uomo”, o ancora persiana, da mardumgià, “erba dell’uomo”. Dioscoride, nel De Materia Medica, la chiaman antimelon, archinen e morion, mentre in latino è Mandragoras. Claudio Eliano, nel De Animalium Natura, la chiama cynospastos, “estirpata per mezzo di un cane”, e dice che brilla di notte, la chiama anche aglaophotis, “risplendente”, termine poi ripreso poi da Plinio il Vecchio nella Historia Naturalis. Altri studiosi sostengono che derivi dal greco e che significhi “pericoloso per le mucche”. Gli Ebrei la chiamano dudaim, da dum, amore. Conosciuta dagli Arabi come “mela di Satana”, in passato è sempre stata oggetto di strane superstizioni, sia nell’Europa meridionale che nel Levante. In ogni caso, proprio per la sua particolare forma, molti sostengono che nel corso del tempo gli furono dati affascinanti e divertenti epiteti come: Anthropòmorphon, Semi-Homo, mela del Diavolo, vecchietto barbuto o addirittura vecchia signora. Columella la definì “semi umana” e gli arabi la chiamavano “pomo dei Djinn”, ossia degli spiritelli. Anche il fondatore della medicina, il medico greco Ippocrate, ne è rimasto affascinato e asserisce che il suo nome è di derivazione persiana (mehregiah). In Asia, nella medicina popolare dell’India, la mandragora è nota come Lakshmana, “che possiede segni fortunati”. In Francia, la mandragora era nota come main de gloire, “mano di gloria”, o mandragloire, forse dall’unione delle parole mandragora e Magloire, quest’ultimo nome di un elfo del folklore francese, personificato come una radice di mandragora lavorata. Da tutto questo se ne deduce che è un pianta che oltre a tutte le sue proprietà esoteriche, magiche e curative, ha anche il potere di ammaliare gli uomini nel complicato compito di cercare l’origine del suo nome, essa infatti, rapisce tutti con il suo fascino mistico.

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